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Legge di Bilancio 2025 ha previsto che per gli eventi di cessazione involontaria intervenuti dal 1° gennaio 2025, il richiedente NASpI deve fare valere almeno tredici settimane di contribuzione dall’ultimo evento di cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato interrotto per dimissioni o risoluzione consensuale, qualora tale cessazione volontaria sia avvenuta nei dodici mesi precedenti la cessazione involontaria del rapporto di lavoro per cui si richiede la prestazione NASpI. La medesima disposizione ha poi escluso dalle ipotesi di cessazione volontaria: le dimissioni per giusta causa; le dimissioni intervenute nel periodo tutelato della maternità e della paternità di cui all’articolo 55 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151; nonché le ipotesi di risoluzione consensuale intervenute nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604. Ora, l’INPS ha chiarito quanto segue.
Tra le ipotesi di dimissioni per giusta causa rientra anche quella relativa alle dimissioni a seguito del trasferimento del lavoratore ad altra sede della stessa azienda, a condizione che il trasferimento non sia sorretto da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive e ciò indipendentemente dalla distanza tra la residenza del lavoratore e la nuova sede di lavoro. In merito si rammenta che le ipotesi di giusta causa che consentono l’accesso alla NASpI sono richiamate nella circolare INPS n. 163/2003 e che, in tali casi, il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione è provvisorio fino alla comunicazione dell’esito della controversia con il datore di lavoro. Infatti, la domanda di NASpI dovrà contenere la documentazione (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui agli articoli 38 e 47 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000) da cui risulti almeno la volontà del lavoratore di “difendersi in giudizio” nei confronti del comportamento illecito del datore di lavoro (allegazione di diffide, esposti, denunce, citazioni, ricorsi d’urgenza ex articolo 700 c.p.c., sentenze ecc. contro il datore di lavoro, nonché ogni altro documento idoneo), con l’impegno di comunicare poi all’Istituto l’esito della controversia giudiziale o extragiudiziale. Infatti, laddove l’esito della lite dovesse escludere la ricorrenza della giusta causa di dimissioni, l’INPS procederà al recupero di quanto pagato a titolo di indennità di disoccupazione.
In riferimento alle fattispecie di risoluzione consensuale, l’Istituto ha specificato che consente l’accesso alla NASpI la risoluzione consensuale a seguito del rifiuto da parte del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici.
Infine, per quanto riguarda il requisito delle 13 settimane da fa valere nell’arco temporale che va dalla data di cessazione per dimissioni/risoluzione consensuale del precedente rapporto di lavoro a tempo indeterminato (avvenuta nei dodici mesi precedenti) alla data di cessazione involontaria del rapporto di lavoro per cui si richiede la prestazione NASpI, l’Istituto richiama la normativa vigente ai sensi della quale sono da considerare utili tutte le settimane retribuite, se rispettato il minimale settimanale, nonché quelle ulteriormente utili ai fini del perfezionamento del requisito contributivo, e cioè:
A tal fine, se nel periodo di osservazione che va dalla data di cessazione volontaria del rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla data di cessazione involontaria del rapporto di lavoro per cui si richiede la prestazione, sono presenti anche settimane di contribuzione nel settore agricolo, le stesse sono cumulabili e quindi utili ai fini del perfezionamento del requisito delle tredici settimane di contribuzione, fermi restando i parametri di equivalenza, che prevedono sei contributi giornalieri agricoli per il riconoscimento di una settimana contributiva. Resta comunque ferma la disciplina generale sulla verifica della prevalenza nel caso in cui il lavoratore abbia alternato periodi di lavoro nel settore agricolo e periodi di lavoro in settori non agricoli, secondo le ordinarie regole.